Az. Agr. Case Basse di Gianfranco Soldera – Montalcino (SI)

Articolo a cura di Ivano Antonini-EnoCentrico. In quel bellissimo luogo ilcinese che prende il nome di Case Basse, dove il tempo sembra essersi fermato e soffia un’aria diversa, capace di farti abbandonare per un momento la frenesia del mondo moderno, c’è una persona riservata, schiva e discreta che lavora in maniera infaticabile dietro le quinte al fine di rendere sempre più elitario questo posto. E con uno scopo ben preciso: quello di creare un habitat naturale per mettere il Sangiovese nelle condizioni ideali per rendere unici i vini targati Gianfranco Soldera. Stiamo parlando della moglie Graziella. Persona dal carattere ben distinto da quello del marito, ma che li troviamo unite non solo nell’amore, ma accomunate dalla forte passione di quella che è diventata la loro terra. Dal 1972. E raccolte qui in poche righe e con l’emozione resa indiscussa dal fascino di ben undici vini… Clicca QUI per proseguire nella lettura dell’articolo >>

Articolo a cura di Ivano Antonini-EnoCentrico.

In quel bellissimo luogo ilcinese che prende il nome di Case Basse, dove il tempo sembra essersi fermato e soffia un’aria diversa, capace di farti abbandonare per un momento la frenesia del mondo moderno, c’è una persona riservata, schiva e discreta che lavora in maniera infaticabile dietro le quinte al fine di rendere sempre più elitario questo posto. E con uno scopo ben preciso: quello di creare un habitat naturale per mettere il Sangiovese nelle condizioni ideali per rendere unici i vini targati Gianfranco Soldera. Stiamo parlando della moglie Graziella. Persona dal carattere ben distinto da quello del marito, ma che li troviamo unite non solo nell’amore, ma accomunate dalla forte passione di quella che è diventata la loro terra. Dal 1972.

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E raccolte qui in poche righe e con l’emozione resa indiscussa dal fascino di ben undici vini.

La storia emozionante potrebbe essere scritta dalle mani di De Amicis, dove i protagonisti di questa bellissima fiaba, sono proprio gli artefici di questo Eden. Da una parte abbiamo un assicuratore milanese di origini venete, descritto da più parti come una persona dal carattere difficile, un po’ burbero e abbastanza scontroso (davvero potrebbe essere considerato un difetto dire sempre ciò che si pensa?). Ma basta essere amante della terra e del buon vino, per entrare presto in sintonia con lui. E lo sarete ancor di più, se la vostra squadra del cuore vi accomuna, ovvero l’Inter. Arrivato in quel di Montalcino, acquistando una terra piene di rovi e sterpaglie, senza esperienze dirette in questo settore e imponendo la sua legge del “niente chimica, niente acciaio, niente wine-makers, niente agronomi e niente tecnologia”, solo con una passione: quella per il vino. Passione che lo ha portato a girovagare in Piemonte ed in Veneto, alla ricerca del luogo ideale per dare sfogo alla sua arte, prima di accasarsi in provincia di Siena. Accanto a lui, dicevamo, la moglie Graziella, persona affabile, cordiale e gentile come poche, che lo ha aiutato nell’obiettivo di scrivere presto, nel giro di poche “pagine”, una delle storie più belle che tutto il pianeta ci invidia. Gianfranco, Graziella, il Sangiovese, Case Basse ed una famiglia, con la terza generazione che sta crescendo, legata ai princìpi del rispetto e dell’amore verso tutto quello che fanno. E coltivando un sogno: quello di ambire a fare il miglior vino del mondo. Per arrivare a questo obiettivo, ci voleva comunque un aiuto “esterno”, ecco che irrompe sulla scena il maestro assaggiatore Giulio “bicchierino” Gambelli, conoscitore e palato sopraffino con la cultura enciclopedica del vitigno Sangiovese, pronto a dare vita ad un tandem di sicuro successo.

Non sembra mancare nulla in questa storia, compresi quei passaggi divenuti mitici e che tutti devono sapere prima di imboccare la strada sterrata che porta a Case Basse. Non uscite con frasi del tipo “nella botte piccola c’è il vino buono” e non provate nemmeno a sputare dopo aver degustato l’assaggio che vi viene offerto, potrebbe essere pericoloso. E se proprio volete correre qualche rischio, chiedete a Gianfranco se usa i lieviti selezionati… la risposta sarà in pieno stile Soldera: “voi lascereste mai fare ingravidare vostra moglie da un altro?” Già, perchè le fermentazioni a Case Basse sono solo naturali e spontanee. Come lui.

Gianfranco ci ha gentilmente aperto le porte della sua casa e della sua tenuta e lo abbiamo raggiunto in una splendida giornata. Senza telecamere in quanto è riconosciuta la sua proverbiale avversità verso le telecamere, ma ci ha concesso una lunga intervista che troverà spazio nel corso di questo racconto. E che troverà il giusto coronamento attraverso un viaggio di undici vini targati Soldera.

Abbiamo parlato in principio dell’habitat naturale di Case Basse, curato in prima persona dalla moglie Graziella che accudisce come una mamma le numerose piante presenti, tra le quali trovano spazio delle rarità di rose, in particolare quelle bianche e di moltissimi meli da fiore, arrivando a contare ben 136 esemplari. Ma il punto di forza rimane lo stagno, creato insieme al giardino, per ospitare tutti quegli insetti considerati attivi per il bene della natura e fondamentali per l’equilibrio ambientale, che combattono quelli dannosi e per evitare che l’ambiente si “ammali” e con esso, anche le vigne. Deleterio dunque anche per tutto ciò che poi ne può conseguire. Sparsi per la tenuta, Graziella e Gianfranco hanno aggiunto anche numerose arnie e nidi artificiali.

Case Basse è una località che si trova  a 320 mt s.l.m., in direzione sud-ovest di Montalcino e si estende per 24 ha su un terreno di origine eocenica. 8 sono gli ettari dedicati alle vigne, divisi più precisamente in due lotti: l’Intistieti ed il Case Basse.

I vigneti sono sempre monitorati e oggetto di studi e di ricerche, condotti dalle facoltà di agraria dell’Università di Firenze. A capo di questi controlli ci sono i professori Massimo Vicenzini, responsabile del Dipartimento di Microbiologia della stessa e Mario Fregoni, ordinario di Viticoltura invece, all’Università Cattolica Sacro Cuore di Piacenza Inutile ricordare che vige la più alta concezione biologica nella loro coltivazione, concimazione solo con materiale organico e tutte le lavorazioni vengono svolte rigorosamente a mano.

Nelle foto che seguono si notano come le viti, in seguito alla potatura invernale, vengono poi tutte “trattate” prima con del solfato di rame che ha la medesima funzione di un disinfettante sulle ferite e poi una “colla” naturale come cicatrizzante. Questo per prevenire eventuali danni che possono essere provocati dall’ingresso dell’umidità, nella pianta appena potata.

D.-Nella lunga passeggiata che abbiamo fatto nella sua tenuta, mi è parso di capire che i vigneti sono strutturati fondamentalmente in due lotti. Il Vigneto Intistieti ed il Vigneto Case Basse, quali sono le caratteristiche e le differenze principali, in termini di esposizione, terreno e microclima.

R.-Tutte le vigne Soldera sono esposte a Sud-Ovest ed il microclima è pressoché uguale; vi sono piccole differenze nella fertilità dei suoli, ma sempre nell’ambito di terreni particolarmente vocati alla vite. Sia per il fatto che queste vigne sono povere di fertilità, sia perché risultano molto drenanti. Medesime caratteristiche sono invece la particolare ricchezza di minerali in profondità e la presenza di vene d’acqua che permettono alle viti di apportare nutrimento e sostanze minerali.

D.-Quali sono invece le caratteristiche nei vini ottenuti da questi due lotti? Ha mai pensato di fare due diversi Brunelli?

R.-In natura non esiste niente di uguale. Nella stessa vigna e nella stessa piccola particella di terreno ci sono delle diversità; perciò i prodotti finali devono risentire di queste diversità.

Entriamo ora in cantina…

La vinificazione delle sole uve di Sangiovese, provenienti dai vigneti della Tenuta, avvengono nei grandi tini di rovere, senza l’ausilio delle temperature controllate e senza l’inoculo di lieviti selezionati. Le sole pratiche che vengono svolte in questa fase, sono i continui rimontaggi giornalieri. Mentre l’Università di Firenze, cura i controlli biologici, attraverso il prelievo di numerosi campioni.

Una volta svinato, il vino atto a diventare Brunello, viene lasciato per cinque anni nelle botti di rovere di Slavonia. Può capitare che in alcune annate in particolare, il vino venga messo in bottiglia prima del tempo previsto dal disciplinare. E’ capitato diverse volte in passato con il vino imbottigliato come Vino da Tavola denominato Intistieti, così come è successo invece di recente per una botte con il millesimo targato 2005, dove invece il vino è stato messo in bottiglia con la IGT e ha preso il nome di Pegasos. Che sia Brunello, VdT o IGT, tutti i passaggi svolti in precedenza, sia in vigna che in cantina, sono gli stessi e quindi compiuti per produrre il miglior vino possibile. La scelta infatti di come e quando andare in bottiglia, viene fatta in seguito alla decisione presa dopo i ripetuti assaggi durante l’affinamento dei vini. La messa in bottiglia per tutti i vini, avviene senza operazioni di filtraggio.

Le pareti in sasso a vista servono per garantire le condizioni ottimali di temperatura ed umidità per l’affinamento.

Le bottiglie utilizzate sono le famosissime bordolesi con la spalla più larga e le etichette sono state disegnate dal pittore contemporaneo Piero Leddi.

D.-Tra i numerosi grandi vini prodotti nel corso della sua vita professionale, ce ne sono in particolare due più recenti che sono stati imbottigliati come Riserva, ma che sono nati da due millesimi non proprio felici. Mi riferisco in particolar modo alla 2002 ed alla 2003. Non ho la presunzione di chiederle qual è il suo segreto, perché la risposta potrebbe risultare scontata, ma in quale momento della loro lavorazione, nasce la convinzione che una determinata annata potrà essere imbottigliata come Riserva?

R.-Il grandissimo terreno ed il suo microclima in particolare, mi mette sempre nelle condizioni di ottenere il più alto livello qualitativo in quantità molto limitate. Pensi che dai 8 ettari totali di vigne in mio possesso potrei potenzialmente produrre 56.000 bottiglie. Detto questo, le posso affermare che la produzione nel millesimo 2003 è stata di 11.000 bottiglie, mentre nella 2002 sono state invece prodotti soltanto 7.000 pezzi. Quindi non è un segreto che grazie alle caratteristiche dei vigneti, unite al mio modo di operare, i miei più grandi vini possano derivare da annate climaticamente difficili. Potrei nominare ad esempio i millesimi ’80, ’81, ’84, ’86, ’87, ’91, ’94 e la ’96, oltre a quelle già citate sopra.

D.-Dalla botte abbiamo avuto modo di assaggiare una spettacolare 2004, credo, tra le migliori mai assaggiate. A quali altre grandi del passato, può essere paragonata?

R.-Posso tranquillamente affermare che ogni annata ha aspetti distintivi diversi, in quanto non esiste un andamento climatico uguale ad un altro, di conseguenza non potrà generare mai due millesimi simili nelle caratteristiche. Ciascuno di noi potrà quindi mostrare preferenze e sensibilità divergenti. Ed io nutro il massimo rispetto delle scelte di ciascuno.

D.-Prima di arrivare a Montalcino nel 1972, ha girato il Veneto ed il Piemonte alla ricerca di un luogo dove iniziare la sua “seconda” vita di viticoltore. Se la sua attività cominciasse invece nel 2010, dove le piacerebbe “filosofare” oggi?

R.-Dopo la Toscana e le Langhe, ho visto delle terre bellissime per il vino in Irpinia e più precisamente nella zona di Taurasi, ma secondo me la terra più vocata al Mondo per la produzione di grandi vini rossi rimane per me, ancora la Toscana. Perciò inizierei ancora da questa regione.

D.-Ci parla di come è avvenuto l’incontro con Giulio Gambelli e come è riuscito a convivere in un rapporto così duraturo tra due grandi uomini del Sangiovese?

R.-A mio modo di vedere, Giulio è il naso più grande in assoluto per il Sangiovese; non ho conosciuto alcuno con la sua enciclopedica cultura, conoscenza ed essenzialità per il territorio vocato per questo vitigno. Al mio arrivo a Montalcino, ho chiesto a numerose persone del luogo ed a tanti addetti ai lavori chi assaggiasse i vini con metodo ed approfondimento e mi fu sto fatto il nome di Gambelli. Al primo incontro c’è stata subito sintonia e stima tra noi, ed è nata una profonda amicizia che dura da oltre 35 anni.

D.-Qual è il miglior pregio ed il peggior difetto di Gianfranco Soldera?

R.-Credo che il miglior pregio sia la mia ricerca continua ricerca al miglioramento, mentre il mio difetto più grande è quello di dire sempre quello che penso.

D.-C’è stato un momento particolare della sua vita, dove per un momento ha pensato di smettere di fare vino?

R.-Per il momento, per mia fortuna, devo dire che non mi è mai capitato. Più mi trovo a combattere contro l’invidia, la malafede, la cattiveria dell’uomo, più si rinforza la mia voglia di continuare a fare vino.

D.-Parlando delle persone che gravitano nel suo ambiente, oltre al già citato Giulio Gambelli, quali sono quelle che ammira di più?

R.-Sono i professori Fregoni e Vincenzini. Ma per mia fortuna, ho tante altre persone che stimo ed ammiro con le quali mi confronto e collaboro continuamente.

D.-Le avranno fatte numerose interviste nel corso della sua vita professionale, ma esiste una domanda che l’ha messa più in difficoltà di altre? E come ne è uscito?

R.-Non ho mai avuto difficoltà a rispondere ad alcuna domanda. Purché fosse fatta in buonafede.

D.-Globalizzazione e standardizzazione sono termini tra i più ricorrenti, quando si tratta di citare elementi che hanno contribuito alla crisi dell’enologia moderna. Che cosa invece non sopporta Gianfranco Soldera dell’enologia di oggi?

R.-Non sopporto la malafede e l’ignoranza.

D.-E da uomo che ha sempre vissuto la viticoltura biologica come base della sua filosofia aziendale, cosa pensa invece di questa rincorsa negli ultimi anni verso questo tipo di vocazione, anche da parte di aziende che prima si comportavano in ben altro modo?

R.-La naturalità è per me l’unico modo di fare il vino; credo che questa rincorsa attuale di massa per il biologico, sia solo un’operazione di marketing tesa a vendere il vino.

D.-Qual è il suo pensiero verso Internet ed il costante proliferare di blog sul vino?

R.-Sono felice che tutti possano esprimere le proprie opinioni; ma la cultura e la conoscenza del vino non deve essere solo di carattere virtuale, ma dovrà sempre più passare attraverso il continuo confronto di più prodotti, nelle bottiglie bevute, credere solo ed esclusivamente al proprio olfatto e, quando un vino piace, andare a camminare in quelle vigne per vedere dov’è nata quell’uva, andare in cantina e parlare con colui che lo ha creato. Solo così si avrà materia di grandi sensazioni e grande piacere.

D.-Come cambierà, secondo lei, il panorama ilcinese nei prossimi anni, dopo l’insediamento del nuovo presidente del Consorzio Ezio Rivella?

R.-Non ho la possibilità di influire sui cambiamenti del mondo Ilcinese e perciò non so quale potrà essere il suo futuro.

D.-Un rosso e un bianco da scegliere, al di fuori dei suoi?

R.-Monfortino Giacomo Conterno e Ribolla Gialla. Ovviamente del mio amico Josko.

Passiamo ora all’assaggio…

Bicchiereeee!

Una piccola premessa per quanto riguarda i punteggi:

viene seguita una scala da * a ***** per i vini degustati dalle botti. In /20 invece per quelli in bottiglia.

DEGUSTAZIONE VINI

(?) – Sangiovese grosso atto a divenire Brunello di Montalcino 2005

Il vino c’è. E’ lì. Sicuramente è di quelli che presto si farà ammirare e beatificare in giro per il mondo. Ma adesso? Adesso no. Non me la sento proprio di dare valutazioni. Non è giusto quando hai tra le mani un vino massiccio, possente e caratteriale, ma è quadrato. Chiuso come una scatola. Più che quadrata è ottusa, piena di spigoli. Il 2005 è scorbutico e reso ancora più nervoso, perché lo abbiamo svegliato nel bel mezzo del suo meritato riposo. Dalla botte esce stirandosi, sbadigliando e stropicciando gli occhi. Ma si capisce che il frutto non ha ancora la giusta integrazione ed articolazione, mentre i tannini scalpitano, quasi in preda ai crampi, con l’acidità che taglia come una lama. Diamogli tempo. Tempo di alzarsi, crescere e diventare adulto. “Lui” ha provato a mettere il cartello “Do not disturb”, ma noi siamo entrati lo stesso nella sua stanza. Ed abbiamo fatto male. Oppure abbiamo comunque fatto bene? Certo, perché ci vogliono anche questi momenti per capire tante cose. Che il Brunello di Soldera non è per tutti. Che il Brunello di Soldera non va assaporato quando non è al momento giusto. Che il Brunello di Soldera non è mai uguale con il passare degli anni. Ma che soprattutto, il Brunello di Soldera non si discute. Mai.

(*****!!!) – Sangiovese grosso atto a divenire Brunello di Montalcino Riserva 2004

Fondo scala e Standing ovation per questo capolavoro. Se avete mille euro da scommettere su questo vino, fatelo con la precisa convinzione che questo millesimo entrerà di diritto nel gotha delle migliori annate mai prodotte a Case Basse. Lo si capisce subito. Lo si capisce da come Gianfranco si avvicina alla botte per prelevare un bicchiere del prezioso nettare. La lentezza dei suoi movimenti nel porgertelo ed il suo sguardo curioso con gli occhi che luccicano, sono quelli di un bambino che vuole mostrare orgoglioso il disegno al suo papà. La fa facile lui, Gianfranco, a dire che tutte le annate sono diverse e che “nutre il massimo rispetto nelle scelte di ognuno” su chi avanza ipotesi, se meglio un millesimo oppure un altro, ma qui la consapevolezza esiste. Eccome. Quella di avere creato “IL” grande vino. Certo, difficile per lui mostrare (e non te lo verrà mai a dire..), preferenze sui propri “figli”. Ma lo capisci quando gli fai notare che stiamo degustando un’opera d’arte e saremmo pronti anche a proferire applausi a scena aperta. E lui? Rimane silenzioso, con gli occhi che continuano a brillare, il braccio sinistro rigorosamente dietro la schiena nella sua più classica delle pose, chino in avanti e con lo sguardo che si abbassa verso il centro dell’insostituibile ballon, compagno di mille avventure, che ha vissuto per tutti questi anni sempre in cantina e che se potesse parlare, sarebbe lui stesso a trovare i migliori termini per descrivere il vino e raccontarvi di quanti e quali personaggi hanno calpestato quel pavimento, dove oggi noi abbiamo avuto la fortuna di farlo. Il momento è quello che te lo porterai dietro per tutta la vita. L’emozione di un istante dove ti trovi in profonda intimità con il luogo e le persone che ti circondano. L’atto quasi religioso che ti fa capire come mai il Brunello di Soldera va deglutito. E di come non sia facile, oggi, trovare le parole per raccontarlo.

16,5/20 – Toscana IGT Pegasos 2005

Il vino è nato dal bisogno legittimo di dover imbottigliare precocemente una botte atta a diventare Brunello di Montalcino. Il motivo è semplice. Così come non esiste mai un’annata di Soldera uguale ad un’altra, così non può esistere una botte uguale ad un’altra. Così può capitare che il vino di un certo fusto corra più veloce e arrivi presto di tanti altri, al suo zenit dell’affinamento ideale. Così tocca metterlo in bottiglia. Prima degli altri. Ma per favore… non chiamatelo mai “mini-Brunello” o ancor peggio “Super-Rosso”, ma chiamatelo con il suo nome proprio. Chiaro che non potrà mai ambire ad un ruolo di primo piano, con le luci della ribalta che spettano ai suoi fratelli maggiori (Gianfranco, così va meglio?), ma è comunque una stella nel firmamento ilcinese che brilla di luce propria. Averne di “Brunelli” così, in questa difficile annata. Il profilo olfattivo mostra un abito un po’ vintage nella sua evoluzione, ma è di grande classe. Sentori di erbe aromatiche essicate e note speziate piccanti. Frutto dolce e suadente di un’amarena Fabbri tirata fuori da un barattolo appena aperto. Ed un palato che corre dritto, scorrevole, dove l’acidità ogni tanto mette dei dossi per rallentarne la velocità che appare più sostenuta, lungo una strada che appare più corta di tante altre annate, ma che porterà comunque lontano nel futuro.

18/20 – Brunello di Montalcino Riserva 2003

L’annata è quella che si trova ora in commercio. Inevitabile pensare che è proprio nei millesimi difficili come questo, che Soldera riesce ad estrarre il coniglio dal cilindro. Magari non sarà bianco luccicante e splendente, il “coniglio”, ma è di quelli che si faranno ricordare per un po’. Anche quando tra poco tempo, farà il suo ingresso sulle scene, la Riserva 2004 descritta qualche riga più su. Il frutto si mostra in tutta la sua dolcezza. Dolcezza intrinseca del Sangiovese, visto che non è ovviamente aiutato dai legni piccoli. Mentre per il vino successivo, lo vedremo, lo sviluppo dello stesso è più ritmato e cadenzato, in questo caso si esprime in maniera più sferica e avvolgente. Note di tabacco biondo ed una speziatura che incomincia ad entrare in scena e avvolgere il frutto. La bocca è in perfetta armonia e coerenza con quanto espresso in bocca. Tutti lì a pensare di trovarsi una struttura che zoppicava, senza il sostegno di un bastone dato dall’acidità. Ma “pensare” è il termine sbagliato, poiché eravamo più che convinti che il vino si presentava bello dritto, vivace nello spirito e bisbigliandoti ad un orecchio che, se le vigne sono di quelle “giuste”, se c’è capacità e maestrìa di esecuzione, anche un millesimo difficile può dire la sua. A garanzia del savoir-faire.

19,5 – Brunello di Montalcino 1999

Chapeu Monsieur Gianfranco! La perfezione è stata sfiorata in tutti i suoi passaggi. Un vino senza se e senza ma, che ti arriva dritto al cuore e decide di rimanerci in pianta stabile. Per tutta la vita. E noi siamo ben disposti ad ospitarlo, perché quando un Brunello di Soldera è veramente grande, le emozioni sono tali da addentrarsi nelle vostre vene, dandovi una scarica di adrenalina da lasciarvi a bocca aperta e con la mente siete portati a concentrarvi su quella fase post gustativa che pare interminabile e che vi rimanda tutte le emozioni che avrete apprezzato al naso, cercando magari di renderlo pure più eterno possibile. Con un sospiro teso tra il gioioso ed il malinconico. Difficile passare ad un altro vino, difficile pensare ad altro. Ormai niente sarà più come prima…

18,5+/20 – Brunello di Montalcino 1993

Ci vuole proprio un trittico come questo per riprendere a ragionare e tornare con i piedi per terra. Anche se, il pavimento, è sempre quello nobile in marmo di Carrara. Quello targato Soldera e non quello che ti potrebbe riportare a contatto con la truce realtà. Già perché i sogni continuano… Ed è proprio in momenti come questi, che vorresti avere di fronte a te Gigi Marzullo, poiché avresti qualche parolina da dirgli in merito ai sogni. E quando hai un passaggio di ben tre vini sulla medesima annata, le cinture di sicurezza vanno allacciate ben forte. Non tanto per lo spessore e la prestanza che potrebbero sembrare meno importanti (Dio mio, perdonami perché non so quello che dico…), ma per le molteplici sfumature che ti fanno sentire l’Ispettore Clouseau, con quell’aria un po’ inebetita, con in mano la lente di ingrandimento alla ricerca di tutto quello che è pronto per dare vita alle differenze, quando li hai sotto il naso. Non sappiamo se esistono altri millesimi che hanno visto la discesa in campo di tutto questo schieramento, ma a noi poco importa. L’importante che il “Brunello” esprima attraverso il suo corpo, tutta la femminilità di un’abito che gli sta attillato e finisce con una coda lunga, magari più sfumata delle altre, ma comunque di grande classe.

18,5+++/20 – Brunello di Montalcino “Case Basse” 1993

In questo caso siamo di fronte ad una selezione di uve che proviene solo dal vigneto Case Basse. Questo non vuol per forza di cose, supporre, o dimostrare tutta la sua statura e la sua superiorità rispetto al campione degustato in precedenza. Le variabili sono minime. Decise, ma minime. In un profilo aromatico che si mostra, meno avvolgente, ma più cadenzato, irrompono dei soffi balsamici di grande forza. Un mix di salvia, menta ed eucalipto, capaci di prendervi letteralmente per il naso. Un filo incensatori, ma mai cedevoli nel ruffiano. Una bocca che si presta ad allargarsi ed ospitare un tannino che si è fatto più minuto e maggiormente integrato, reso più articolato con la complicità minerale e sapida, di elementi che in questi vigneti hanno messo la loro residenza.

19-/20 – Brunello di Montalcino Riserva 1993

La Riserva è generosa, opulenta, copiosa. Il naso si è focalizzato su quel taglio speziato di grande distinzione. E dove le note di cuoio e tabacco da sigaro si mostrano in tutto il loro splendore. Per l’appunto, perché le Riserve sembrano avere un loro DNA ben preciso, indipendentemente dal millesimo riportato in etichetta. Come un marchio di fabbrica che ogni anno, quando si presenta l’occasione ed è chiamato in causa, passa e mette la sua firma. Come quella del buon Leddi sulle etichette. Non importa se durante l’estate ha piovuto un po’ di più o se le notti di Settembre sono state più fresche di altre, quel carattere si deve sempre trovare. Saranno poi gli altri elementi a cambiare e differenziarsi, a trovare una loro precisa identità, come questa acidità più briosa e con un tannino che sulle prime, appare un po’ nervoso, ma poi diventa più discreto sempre nel suo modo di essere rigoglioso e ridondante. E quando compaiono i titoli di coda sul finale, mettendo in evidenza i tratti articolati di questa precisa annata, ecco comparire il nome del regista. Sempre lui. Con quel gusto dolce, speziato, piccante, di un buon sigaro cubano.

19+/20 – Brunello di Montalcino 1990

Il millesimo 1990, nell’immaginario di qualsiasi persona che con il vino ha un particolare legame, al limite del morboso, sembra evocare parecchie suggestioni. Certo, era anche l’anno dei Mondiali che si giocavano in Italia, i Mondiali della proverbiale uscita a vuoto di Zenga sulla testa di Caniggia, brutta quanto la mascotte di quella edizione e che nella testa di “noi” interisti, ha lasciato degli strascichi indelebili. Ma il 1990 coincideva anche con una delle migliori annate del secolo. Oppure l’ennesima? Salvo poi, in alcuni casi, ridimensionarsi e dare maggiore spazio a quella 1989 che era partita più in sordina. Discorso diverso a Montalcino, e non parliamo di stelle e stelline date da non so chi all’interno del Consorzio. Nel 1989, Soldera aveva raccolto solo il 30% delle uve del vigneto Intistieti ed eravamo nel bel mezzo del periodo dove Gianfranco si rendeva conto di quanto fosse duro il mestiere del viticoltore. Per fortuna è arrivata la 1990. Grande. Mitica. Ed assaporare un vino con vent’anni di vita alle spalle, è come se ti proiettassero un RVM, proprio con le immagini del Soldera dell’epoca, a 18 anni di distanza dal suo arrivo a Montalcino, intento a raccogliere un’uva che darà vita all’ennesimo grande vino. Avrete sicuramente capito, dopo tutto questo po’ po’ di parole spese, che ogni suo vino, è a ogni modo un grande vino. Assodato. Ma poi esistono, i grandi vini da grandi annate. E la 1990 lo è. Molto. Come nel caso di tutti gli altri, non vorresti mai più staccarti da quel bicchiere o da quella bottiglia. Ma qui c’è di più. Una lampadina che si è accesa alla base del tuo cervelletto. La sequenza aromatica è tale da fare impallidire a confronto, tantissimi mostri sacri dell’enologia mondiale. E con un Soldera così…state pur sicuri che nel nostro piccolo, il nostro Mondiale, lo abbiamo comunque vinto.

18,5(?)/20 – Brunello di Montalcino 1988

E’ proprio dura. Ma dura davvero. Ancora un grande vino, ancora un vino che devi degustare, raccontare, valutare. Dove il suo peggior difetto, è quello di trovarsi in mezzo a due mostri sacri. Perché ti rendi conto che tutto quello che hai scritto sui tuoi appunti è rivedibile, nullo, come qualsiasi parola che tu possa scrivere in merito, ma soprattutto lo è quella valutazione in calce, che hai già cancellato e riscritto altri dieci volte. E nessuna si dimostrerà mai pertinente. Dura la vita del degustatore, dura la vita a dover dare una valutazione a tutti costi. Motivo in più oggi, quando senti parlare sempre più spesso di guide di vino e discorsi tipo punteggi sì, punteggi no. Gli vorresti dare ventuno/ventesimi tutta la vita, tanto è grande ed emozionale questo vino. Già, ma se lo prendi singolarmente. Egoisticamente parlando, quando apri una bottiglia così, la vorresti “fare fuori” da solo tale è importante il rapporto intimo che si è venuto a creare tra te e lui. Ma così non si può. E’ il confronto che ti uccide. Quel profilo olfattivo più sfumato, quel tannino meno vigoroso (con tutto il rispetto parlando…) e  quell’articolazione  che sembra interminabile, ma meno eterna di altre, sono come una coltellata alla schiena. Molto meglio allora, trincerarci dietro ad un punto interrogativo…

19,5/20 – Brunello di Montalcino 1983

Era un Gianfranco Soldera quarantaseienne, quello che ha creato quest’opera d’arte, ma alla base ci sono le tinte forti di un artista alle prime armi, alle prese con i primissimi millesimi prodotti in quel di Case Basse. E’ vero, un grande vino non nasce a caso, ma la fortuna quella sì, quella può giocarti a favore. Per dare sfogo e vitalità alla grandezza del vino, sprigionando tutti gli aromi, caratteri e sostanza di un millesimo come l’83, dove metti in servizio tutte le pratiche che occorrono, con rischio, con professionalità, con correttezza e con quell’atteggiamento un po’ prudente, ma anche un po’ incosciente che hanno sempre caratterizzato la vita di Soldera. Dove è impossibile, raccontarla tutta in queste poche righe, ma che possono essere più felicemente sussurrate da questo bicchiere, che racchiude un vino con 27 anni di storia e dove non si parla solo di ciliegia sotto spirito, effluvi balsamici, tabacco, ma se tendi l’orecchio sentirai un’altra storia. Quella di quel famoso assicuratore milanese, nato a Treviso, che dopo il suo girovagare…

E dove la parola fine non è stata ancora scritta, ma è pronta a regalarci ancora tante emozioni.

D.-Prima di chiudere, un paio di domande per “sdrammatizzare” visto che siamo tra tifosi interisti. Con quale vino ha brindato Gianfranco Soldera, dopo la recente vittoria in Champion’s League?

R.-Ho brindato con un mio Brunello.

Non avevamo dubbi. Vero?

D.-E come sarà l’Inter dell’era Benitez?

R.-Spero che Benitez riesca nel compito di mantenere vivo lo spirito vincente che hanno avuto i giocatori nel corso della passata stagione.

D.-Chiudiamo questa piacevole chiacchierata con il consueto “spot pubblicitario”… Gianfranco Soldera è stato chiamato come testimonial per l’azienda Case Basse e dovrà convincere i nostri lettori a scegliere i suoi vini.

R-Quando una persona assaggia per la prima volta un mio vino, gli devono brillare gli occhi. Se ciò non dovesse avvenire, allora non comperi mai più un mio Brunello.

Già, come quelli del papà che riceve tra le mani per la prima volta, il disegno appena fatto dal suo bambino.

Recapiti:

Case Basse di Gianfranco Soldera
Localita’ S. Restituta, 4
53024 Montalcino (SI)

Tel: +39 0577 848567
Fax: +39 0577 846135
Skype:
Sito Web: www.casebasse.it
Indirizzo posta elettronica: gianfranco.soldera@casebasse.it

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